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Il litio-titanato “peble-bed” (letto di palline)
Gli ingegneri che sviluppano il reattore a fusione ne progettano i vari componenti con soluzioni che
poi devono essere validate, o corrette, da esperimenti. All’inizio del programma (primi anni 80)
prevaleva l’idea di fabbricare i litio-ceramici in forma di “pellets” (cilindretti) come quelli di Figura
8. Questa geometria era quella tipica del combustibile fissile dei reattori veloci e termici, le pellets
erano inguainate in tubicini di acciaio chiusi che impedivano la fuoriuscita dei prodotti di fissione.
Pertanto questa forma era adatta a sperimentare le qualità triziogene dei litio-ceramici nei reattori
sperimentali ad alto flusso già menzionati, ma in questo caso la guaina era semplicemente un tubo
dove il “purging gas” passava per estrarre il trizio durante l’irraggiamento. Questa geometria era
stata battezzata “breeder in tube” (BIT). Alla fine degli anni novanta però gli ingegneri optarono per
una geometria più semplice ed efficace sia della forma del ceramico (a sferette o palline, “pebbles”)
sia della forma del loro contenitore che era una scatola attraversata da tubi in cui passava il fluido
termovettore per asportare il calore generato dalla reazione (3) e dall’energia depositata dalla
fusione DT (essenzialmente dai famosi neutroni veloci che devono perdere tutta la loro energia e
scomparire nel breeder-blanket). Questa soluzione ingegneristica fu chiamata “Breeder Out of
Tube” (BOT).
I ricercatori olandesi svilupparono delle capsule adatte a provare queste “peble bed” nel loro (ma
anche nostro, è europeo) reattore HFR (High Flux Reactor) e come al solito Carlo Alvani riuscì a
preparare il nostro titanato di litio Li2TiO3 in magnifiche palline con la giusta densità, porosità,
dimensione e purezza per essere provate in un piccolo “pebble bed“ inserito nel rattore di Petten.
(l’esperimento si chiamava EXOTIC 8.9). Il nostro interesse per questo materiale derivava dal suo
singolare ed affascinante comportamento chimico, ed era l’unico dei candidati che non provato in
reattori veloci, anche se si ritiene che il suo danneggiamento dovrebbe essere simile al suo omologo
Li2ZrO3 ampiamente esaminato nel FFTF da Canada e USA con ottimi risultati.

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